Interesse solo collaterale all’adempimento. Incompleta esecuzione del contratto in assenza di danni.

TRIBUNALE ORISTANO, SEZ. CIVILE,
SENTENZA N. 58/21, DEPOSITATA IL 1.2.2021, RIGETTA.
ATTORE G.C.C. rappresentato e difeso dall’avv. Piero Franceschi, c/ CONVENUTI SOC.
A.N.L. E G.M.L.

Estratto:

G.C.C. ha convenuto in giudizio la società A.N.L. nonché, personalmente, in qualità di coobbligato in solido per l’adempimento delle obbligazioni discendenti dal contratto di compravendita del 10.4.2015, il legale rappresentante della società convenuta G.M.L., e, dopo avere premesso di avere acquistato dalla A.N.L. S.r.l. un fabbricato ad uso abitativo (integralmente pagato), ha chiesto che i convenuti fossero condannati a versargli la somma di euro 160.000,00, necessaria per l’estinzione (pro quota) del mutuo (frazionato) contratto dalla venditrice per la costruzione dell’immobile, nonché, conseguentemente, per ottenere dalla Banca mutuante la cancellazione dell’ipoteca iscritta sul fabbricato, attività che i convenuti, in esecuzione di uno specifico obbligo negoziale solidalmente assunto nei suoi confronti, avrebbero dovuto porre in essere non oltre il 30.10.2015; in subordine, ha chiesto che i convenuti fossero solidamente condannati a pagare le rate del mutuo rimaste eventualmente insolute; in ogni caso, ha domandato che gli fosse risarcito il maggior danno discendente dall’inadempimento. 

Costituitosi in giudizio, G.M.L., eccepita preliminarmente l’improcedibilità della domanda per l’omesso espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione relativamente alle obbligazioni assunte dalla A.N.L. S.r.l. nei confronti di G.C.C. ha sostenuto di essere un mero fideiussore e che, pertanto, ai sensi dell’art. 1957 cod. civ., l’attore -comunque tenuto a chiedere in via preventiva l’adempimento alla debitrice principale – fosse decaduto dalla facoltà di agire contro di lui, dacché la pretesa non era stata fatta valere nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione; ha inoltre chiesto il rigetto della domanda di risarcimento del danno, rilevando che l’attore non aveva subito alcun pregiudizio quale conseguenza del lamentato inadempimento. 

La società A.N.L. si è costituita in giudizio e, preliminarmente eccepita l’improcedibilità della domanda per l’omesso espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione, ha rilevato di avere stipulato con la società D.M.F. S.p.A. una polizza fideiussoria a garanzia delle obbligazioni assunte nei confronti dell’ attore, domandando, pertanto, il differimento della prima udienza allo scopo di chiamare in causa la terza garante; quanto alla domanda di risarcimento del danno proposta dall’attore, ne ha chiesto il rigetto, evidenziando che dall’inadempimento dell’obbligo di cancellare l’ipoteca non era conseguita, per il G.C.C., alcuna lesione patrimoniale. 

All’udienza del 20.11.2017, assodato che la A.N.L. S.r.l. non aveva notificato, nel termine allo scopo assegnatole, la comparsa di costituzione e risposta alla D.M.F. S.p.A. -comunque fallita prima ancora della costituzione in giudizio dei convenuti- e ritenuto che la decisione della lite imponesse l’espletamento di un’istruttoria non sommaria, è stato disposto, ai sensi dell’art. 702 ter, comma 3, cod. proc. civ., il mutamento del rito e all’udienza successiva, del 25.1.2018, sono stati assegnati alle parti dei termini di cui all’art. 183, comma 6, cod. proc. civ.. 

La domande proposte dall’attore non possono essere accolte in quanto la principale è infondata e la subordinata è inammissibile. 

1. Innanzitutto, è priva di fondamento l’eccezione preliminare sollevata dai convenuti, non afferendo la controversia ad alcuna delle materie per cui l’art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 prevede come obbligatorio, a pena di improcedibilità della domanda, il tentativo di mediazione. 

2. Inoltre, la A.N.L. S.r.l., che non ha dato prova di avere regolarmente eseguito, nel termine allo scopo assegnatole, la notifica della comparsa di costituzione e risposta alla società D.M.F. S.p.A., deve essere dichiarata decaduta dalla facoltà di effettuare la chiamata in causa della terza garante. 

2.1. Deve comunque rilevarsi che, essendo la D.M.F. S.p.A. stata dichiarata fallita quand’anche il contraddittorio fosse stato esteso nei suoi confronti, la domanda avrebbe dovuto dichiararsi improcedibile, dal momento che, in seguito alla dichiarazione di fallimento, ad esaminare le pretese creditorie spiegate nei confronti del fallito è funzionalmente competente il Tribunale fallimentare. 

3. Quanto al merito della causa, è in primo luogo inammissibile la domanda subordinata di condanna dei convenuti “a sanare ogni eventuale rata insoluta relativa alla quota di mutuo ed a provvedere alla sua integrale estinzione e cancellazione”, sostanziandosi la pretesa in una richiesta di condanna all’ adempimento di un contratto concluso fra terzi, in relazione alla quale l’attore -che non è parte del contratto di mutuo e che vanta un interesse soltanto collaterale all’adempimento- è carente di legittimazione e di interesse ad agire; sotto quest’ultimo profilo, giova infatti rammentare che l’interesse rilevante ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ., quale condizione dell’azione, deve essere personale, giacché il risultato utile conseguibile deve riguardare direttamente il soggetto che agisce in giudizio, attuale, ovverosia sussistente nel momento in cui è instaurato il processo, ed, infine, concreto, dovendo essere valutato in relazione a un pregiudizio effettivo verificatosi in danno della parte che esperisce l’azione. 

4. La domanda proposta dall’attore in via principale è invece infondata e in quanto tale deve essere respinta. Infatti, non avendo il G.C.C. ritenuto di dover chiarire a quale (altro) titolo gli competerebbe il pagamento, la pretesa di ottenere dai convenuti la somma di euro 160.000,00 (oltre spese e accessori) -necessaria per l’estinzione della quota del mutuo riferibile all’immobile oggetto di vendita e, di conseguenza, per chiedere la cancellazione della relativa ipoteca- dev’essere interpretata quale domanda di risarcimento del danno, dal momento che la stessa è posta in correlazione con la violazione dell’ obbligo contrattuale, gravante sulla venditrice e sul suo legale rappresentante, di chiedere entro il 30.10.2015 la cancellazione dell’ipoteca iscritta sul fabbricato oggetto di vendita.

 ed è altresì accompagnata da un’ulteriore istanza (poi oggetto di rinuncia) di risarcimento “del maggior danno” da liquidarsi secondo equità (v. pag. 4 dell’atto introduttivo del giudizio, sub a) e b) delle conclusioni), che può ragionevolmente accedere soltanto a una pretesa risarcitoria formulata in via principale. 

Più nello specifico, è evidente che l’attore, pretendendo di ottenere dai convenuti la somma di denaro necessaria per estinguere il mutuo, intende neutralizzare il rischio che, a cagione dell’inadempimento del mutuatario, la Banca possa rivalersi sul bene su cui è costituita la garanzia, escutendo l’ipoteca. 

In tale prospettiva, l’iniziativa giudiziaria dell’attore si risolve nel tentativo di prevenire, mediante l’estinzione del mutuo (ad opera sua ma con il denaro del mutuatario) e la cancellazione dell’ipoteca, un danno eventuale e, in ogni caso, futuro; tale danno, peraltro, al momento non sussiste, atteso che, sebbene i convenuti non abbiano negato che le rate del mutuo non sono state pagate, non emerge né dalle allegazioni delle parti né, tantomeno, dalle rispettive produzioni documentali che la Banca mutuante si sia doluta dell’inadempimento o che abbia iniziato l’azione esecutiva per il recupero del credito. 

Così ragionando, poiché, secondo il prevalente e più condivisibile indirizzo interpretativo, la presenza di un’iscrizione ipotecaria su un immobile non costituisce, di per sé, causa di risarcimento del danno – gravando sul proprietario del bene ipotecato l’onere di allegare e dimostrare quale effettiva minore utilità discenda dalla sussistenza di una garanzia reale sul bene oggetto di vendita (cfr. Cass. civ. n. 22267/2010; CdA Genova n. 541/2020; Trib. Nocera Inferiore, Sez. II, 16.02.2005) – non sussiste, allo stato, alcun danno suscettibile di giustificare la proposizione di un’istanza risarcitoria, essendo il pregiudizio prospettato dall’attore meramente eventuale. 

Sotto quest’ultimo profilo, sebbene la giurisprudenza non neghi in termini assoluti la risarcibilità di un danno non ancora verificatosi, ai fini del risarcimento dei pregiudizi eventuali e futuri è pur sempre necessaria la prova di specifiche circostanze atte a fondare il convincimento che chi si professa danneggiato subirà, più probabilmente che non, la lesione paventata in quanto essa costituisca, secondo un criterio di regolarità statistica, il normale sviluppo causale della situazione di pregiudizio rappresentata come lesiva (cfr. Cass. civ. n. 10072/2010, secondo cui “la rilevante probabilità di conseguenze pregiudizievoli è configurabile come danno futuro immediatamente risarcibile quante volte l’effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati ed inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto”). 

In tale ordine di idee, il solo fatto, ancorché non contestato, che la società venditrice non abbia provveduto a chiedere la cancellazione dell’ipoteca nel termine pattiziamente stabilito nel contratto di vendita non è sufficiente, in assenza di altri elementi sintomatici di una situazione patologica tale da giustificare l’avvio di azioni esecutive da parte della Banca mutuante per il recupero del credito, a ritenere che sia più probabile che non che l’attore perderà la casa in conseguenza dell’escussione della garanzia reale iscritta sul fabbricato o si troverà a dover pagare il creditore, con denaro proprio, per liberare il bene dall’ipoteca (ipotesi, quest’ultima, che senza dubbio giustificherebbe l’esperimento, da parte dell’acquirente, di un’azione risarcitoria, ma soltanto in quanto egli abbia dovuto adempiere in luogo del debitore). 

4.1. Nel senso dell’attuale irrisarcibilità del danno paventato dall’attore depone, infine, anche l’interpretazione sistematica delle disposizioni in materia di evizione. Difatti, se è vero che quando, come nel caso di specie, l’esistenza della garanzia reale era nota al compratore “questi non può chiedere la risoluzione del contratto, e il venditore è tenuto verso di lui solo per il caso di evizione” (art. 1482, comma 3, cod. civ.) e che, subita l’evizione totale della cosa, l’acquirente può ottenere dal venditore il risarcimento del danno (art. 1483, comma 1, cod. civ.) nei termini stabiliti dall’art. 1479 cod. civ., è sensato ritenere che la possibilità di accedere al rimedio risarcitorio sia subordinata al verificarsi dell’evizione, sicché, prima di tale momento, il compratore -consapevole dell’esistenza di un’ipoteca iscritta sul bene compravenduto- è sfornito di strumenti di tutela e deve sopportare il rischio di perdere la cosa. 

Restano assorbite nelle pronunce di rigetto e di inammissibilità delle domande proposte dall’attore le restanti questioni sollevate dai convenuti. 

La condanna alle spese segue il criterio della soccombenza e, pertanto, G.C.C. deve essere condannato a rifondere ai convenuti le spese processuali, che, avuto riguardo al valore della domanda, sono liquidate, negli importi indicati nel dispositivo, applicando i parametri previsti dal D.M. n. 55/2014; peraltro, avuto riguardo all’attività difensiva svolta nell’interesse dei convenuti, caratterizzata da eccezioni preliminari infondate, iniziative processuali dilatorie (fra cui spicca la chiamata in garanzia di una società già fallita, nei confronti della quale, dove il contraddittorio fosse stato regolarmente instaurato, la domanda sarebbe stata dichiarata improcedibile) e argomentazioni giuridiche perlopiù non pertinenti con le fattispecie in concreto esaminate, ferma l’esclusione dei compensi relativi alla fase istruttoria (atteso che il giudizio è stato istruito mediante documenti e che tutte le prove orali di cui i convenuti hanno chiesto l’ammissione sono state reputate inammissibili), le competenze riguardanti le fasi di studio, introduttiva e decisoria devono essere ridotte nella misura del 75%, essendo la deroga al disposto dell’art. 4, comma 1, del D.M. n. 55/2014 (secondo cui, partendo dai valori medi indicati nelle tabella allegate al decreto, i parametri generali possono essere diminuiti, quanto alle fasi di studio, introduttiva e decisoria, di regola -ovverosia, derogabilmente- fino al 50%) giustificata dalla scarsissima incidenza che le difese svolte in favore dei convenuti hanno avuto sull’esito del processo.